Tre Cime di Lavaredo e Monte Paterno: guerra e pace
Agosto 2015, è un estate torrida.
Partiamo in tre da Sesto Pusteria, parcheggio Hotel Dolomitenhof, dopo essere partiti in auto da Parma prima dell'alba.
Risaliamo lentamente la Val Fiscalina e poi la Val Sassovecchio, prima il verde dei prati, le conifere, un po' d'acqua. Poi, più su, solo roccia, la dolomia, arida, caldissima al sole di mezzogiorno. In un bagno di sudore arriviamo al rifugio Locatelli dove ci fermeremo per la notte.
Ma è ancora presto, la luce inonda ogni anfratto e si riflette sulle pareti bianche delle rocce.
Tanto vale soffrire ancora un po'.
In due ci arrampichiamo sulla via ferrata che ci porta alla cima della Torre di Toblin, da lì la vista sulle pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo è meravigliosa e straniante allo stesso tempo.
Restiamo quasi un'ora, senza parlare, senza nessuno intorno, stranissimo per il periodo, godendoci ogni secondo, ogni respiro, la montagna relativizza tutto: le nostre vite, le preoccupazioni, le frustrazioni, le balle che raccontiamo di noi stessi.
Poi, lentamente scendiamo, il giorno sta per finire, una luce marziana illumina tutto di rosso, la stanchezza comincia a farsi sentire.
La mattina seguente si parte di buon'ora. Partiamo come al solito con passo lento, le dormite in rifugio, si sa, non sono particolarmente riposanti, ma tant'è.
Saliamo tramite la via ferrata Innerkofler alla cima del Monte Paterno, qui un tripudio di multicolori bandierine tibetane consegnano al vento le loro preghiere.
Ma è già ora di scendere, sta arrivando altra gente, troppa.
Inizia il lunghissimo rientro passando per i rifugi Plan de Cengia e Comici, rientreremo a Sesto nel tardo pomeriggio, stanchissimi, assetati e con i piedi gonfi, dopo altre 4 ore di auto, saremo a casa.
Dalla cima della Torre di Toblin, tra le bandiere tibetane erose dal vento spiccano le tre cime di Lavaredo. Le bandierine colorate consegnano al vento le loro preghiere: Peace and Love. Ma lì vicino sono ammassati resti di reticolati risalenti alla grande guerra che ci ricordano che questi luoghi fatati furono in realtà teatro di immani sofferenze.
Il tramonto cala sulle Tre Cime, il sole illumina le pareti nord dei tre sublimi colossi, che meraviglioso spettacolo di natura selvaggia: primitivo, ancestrale, ma che rincuora e fa bene allo spirito.
Tra il Monte Paterno e le Tre Cime. Ci pare di essere su Marte il pianeta rosso, esploratori e colonizzatori di mondi sconosciuti, mi martella nella mente una canzone di Franco Battiato, No Time No Space:
"Parlami dell'esistenza di mondi lontanissimi,
Di civiltà sepolte, di continenti alla deriva
Parlami dell'amore che si fa in mezzo agli uomini
Di viaggiatori anomali in territori mistici
Seguimmo per istinto le scie delle comete
Come avanguardie di un altro sistema solare
No Time No Space
Another race of vibration
The sea of simulation"
...."
Da qui sembra di poterle toccare, i tre giganteschi menhir sembrano dirci: noi c'eravamo, ci siamo e ci saremo sempre e quando saremo stanchi di voi ci scrolleremo di dosso questi stupidi insetti
Un fondale marino che si è stancato di essere tale, di stare laggiù al buio e ha deciso di uscire a vedere il sole e le stelle.
Dalla cima del Monte Paterno, anche qui le bandierine tibetane messaggere di armonia, pace e amore in luoghi di guerra.
Love and war cantava Neil Young:
".....Ho visto molti ragazzi partire per la guerra
E lasciare tante giovani spose ad aspettare
Le ho viste cercare di spiegarlo ai loro bambini
E ne ho viste molte fallire
Cercano di dire e spiegar loro
Perchè papà non tornerà più a casa
papà non tornerà più a casa
....."
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